ELVETIA ITALICA
Un saluto grande a tutti i nuovi lettori Italo-svizzeri. Adoro la Svizzera. Ripeto: adoro la Svizzera. Approfitto subito per un annuncio egoistico: se qualcuno tra voi italo-elvetici è in grado di sradicarmi da qui e trasferirmi a Zurigo, Basilea, Ginevra, Lugano etc è pregato di rispondere subito a questa mail. Non sto scherzando. Prometto fedeltà eterna.
STRAVAGANZE
1) Voi non avete idea di quali cose strabilianti stanno accadendo in materia di intelligenza artificiale (IA). Esempio: qui l’IA dà giudizi morali! Io scritto in inglese “mettere il gomito a tavola”, “divorziare”, “bestemmiare”, “rubare”, “dire la verità”, “diventare gay”, “votare comunista” e lui, di volta in volta, mi ha detto se era moralmente accettabile o meno. Con molte sorprese.
2) Mia madre andava pazza per i tappeti. Io li odio i tappeti! Peraltro lei NON li stendeva a terra. NO, lei li attaccava ai muri, come se fossero quadri! Mi ricordo che stravedeva per quelli del Kashmir. Beh, i tappetai del Kashmir stanno scomparendo: gli artigiani sono ormai pochissimi e cambiamento climatico e Covid hanno messo a terra quest’antica arte.
Questa invece è una tunica maschile peruviana, con due pesci-gatto che si affrontano.
A proposito di gatti… questi sono gli antesignani degli aristogatti. Sinfonia di gatti per violino, M. V. SCHWIND, 1868
E a proposito di animali, questa antropomorfizzazione fu una pubblicità famosissima negli USA, 1903. S'intitola un amico bisognoso, di C. M. Coolidge.
3) Se volete distrarre i vostri bimbi da quella grande cagata che è Halloween, provate con questo creatore di blob, a prova di Enrico Ghezzi. A proposito di Holloween (festa olandese, importata in USA e poi esportata in tutto il mondo), ecco una piccola immagine che ti dice che tipo di fantasma sei. Io non ci sono.
4) Questo signore ha fatto un sacco di gare di dressage con il suo cavallo. A un certo punto ha iniziato ad andare nell’ospedale di Calais (Francia) a fare compagnia ai malati terminali, fino al loro ultimo giorno. Il cavallo si chiama Doctor Peyo.
IRENE E LA FROLLA NAPULITANA
Per i pigri: riassunto delle puntate precedenti (ma vi consiglio di leggere qui, qui e qui, sennò non capite niente). Nella metropolitana di Roma incontro una sfogliatella frolla di Napoli, che mi sfida ad andare a trovarla ai piedi del Vesuvio. Ci vado e, tra un terremoto e un condominio senza porte, mi appare, dopo molto penare, lei (Irene), a mezzo busto (mani escluse).
Lei apre le porte dell'ascensore e io, ora, la posso scannerizzare da capo a piedi. Rimango agghiacciato e divertito allo stesso tempo. Si, perché, se il busto é vestito di una camicia di cotone, con ricami antichi, sotto… sotto… sotto… sotto lei indossa…
Non riesco a dirlo. Mi vergogno. Sono in imbarazzo. Ok, mi faccio forza e procedo. Lo dico.
Lei indossa solo un paio di mutandoni, peraltro corredati di pannolone interno spesso così. E la ciabatta sinistra, verde. Ah, la mano destra indossa un guanto arancione da cucina, la mano sinistra gocciola acqua a profusione.
“Signora Irene, questo Signore chiede di voi”.
Attacco subito, ancora sotto shock.
“Che piacere incontrarla di nuovo. Si ricorda di me? Ci siamo visti… bla bla bla… sono venuto a Napoli e la prima cosa che ho fatto è venire a trovarla. Mi rendo conto che l'assenza di un preavviso… bla bla bla…Le sue famose sfogliatelle frolle… bla bla bla…Volevo mantenere la promessa“.
Mentre sbrodolo il mio discorso precompilato, noto che la Signora assente in continuazione, aggiungendo un sorriso fisso ai suoi apparenti ‘sí’.
“… bla, bla, bla,.. insomma, son qui oggi, come promesso. Posso offrirle un caffè al bar qui fuori? “ (in realtà avrei voluto chiedere “mi fa salire e assaggiare le sue famose frolle, con caffè fatto con la moka? “) (ah: fuori non c'era nessun bar, però la frase di circostanza era d'obbligo).
Dopo la mia domanda la Signora cerca con lo sguardo la donna-supplì, si tocca la fronte con la mano gocciolante e subito dopo si ri-volge a me.
“Giovanotto, ci conosciamo? Cosa vuole da me? Io non sento bene! “.
“Eh, non si preoccupi, anch'io a volte non sento bene. Dicevo, mi chiamo Corrado… bla bla bla… bla bla bla… caffè al bar? “
Anche stavolta mi guarda, assente ritmicamente e sorride come se avesse una paresi da giubilo (tipo cosi, ma mooolto più continuo e dicendo si).
“Mi spiace, io stavo pulendo casa. Il caffè già l'ho preso.” Poi ri-guarda la donna-supplì e ancora torna da me con lo sguardo.
“Mi scusi: ma io come posso aiutarla? Lei chi è? Ci conosciamo? “ mi ri-chiede Irene.
Macheccazzo Corrà, sei un pirla ancefanplettico: se parli con la mascherina grazie al cavolo che non ti capisce!!! Aver sgamato la soluzione al problema mi ridona slancio. Mi tolgo subito la mascherina e ricomincio da capo, cercando di essere sintetico ed efficace.
“Io e lei ci siamo incontrati a Roma… bla bla… lei mi ha invitat…”: non faccio in tempo a completare la sintesi che, furtivamente, la donna supplì si avvicina a me e mi bisbiglia “la Signora Irene tiene l’Azzeime! “.
Nooooooooooooooooooooooooo!
Nooooooooooooooooooooooooo!
Che notizia orribile. Che disastro. Che ingiustizia. Una Signora così speciale!
Che mondo di mmmerda. L'ho conosciuta pochissimi anni prima ed era un fiore splendido nello squallore della metropolitana romana. La sua esegesi sulle sfogliatelle frolle rimarrà negli annali della mia vita. Porcaccia zozza ladra.
Nooooooooo, maledizione!! E realizzo che quel suo incessante dire di sì con la testa potrebbe essere stato un segno della malattia.
Noooooooooo! Dio non esiste, c'ho le prove: eccone una proprio davanti a me!
Mi esce una lacrima di dispiacere. Anche di più di una. Si asciugano tutte, invisibilmente, sul bordo della mascherina abbassata.
Quando penso all'Alzheimer penso ai miliardi di storie che si perdono nel nulla. Io ho il terrore dell'Alzheimer e sono sicuro che mi aggredirà senza scampo. Paura, terrore, profondo panico.
Mi faccio (tanta) forza e passo al piano B. “Signora Irene, noi ci conosciamo, passavo di qui per caso e volevo offrirle… “
Prima ancora di finire mi interrompe Irene, che forse aveva intuito la mossa discreta della signora-supplí. “Io tengo problemi di memoria!! “.
“Ehhh, mmhhh, umhhhh. Non si preoccupi, a chi lo dice! “, rispondo io. “Mi ha fatto comunque piacere vederla e mi perdoni per il disturbo! Sto andando via“. Irene guarda il supplì, il supplì fa un gesto chiaro e Irene capisce che se ne può tornare a pulire. Mi gira le spalle, il pannolone è enorme come il mio dispiacere. Chiude l'ascensore e torna in cielo, a casa sua, entrando dalla finestra.
Ovviamente in tutto questo la compagnia dei condomini-galeotti non è mai mancata, ma, alla dipartita di Irene, tutti svaniscono. Lo spettacolo è finito.
Mogio mogio faccio per andarmene quando mi sovviene un dubbio. Vado dalla Signora-supplí e le dico “Signora, sono troppo curioso. Ho letto la ceramica alla sua porta. Lei quanti nipoti ha? “
“11, tutti maschi!”.
“Per la miseria. Pensi che mio padre ha 7 nipoti, tutte femmine! E quanti anni anno? “
“Il più piccolo 19, il più grande non me lo ricordo. Tutti disoccupati.”
“Vedrà, andrà meglio. Mi saluti suo marito e grazie per l'aiuto”.
Avevo intimo bisogno di uscire da quel posto gonfio di felicità. Ci pensavo da tempo. Mi ero preparato, la mia organizzazione era stata pianificata al dettaglio.
Me ne esco, invece, infelice e triste: tutta quella inaspettata straordinarietà nascondeva, in realtà, solo malattia e povertà. Vedi Napoli e poi muori. Di afflizione.
PS: per la cronaca. Mentre me ne tornavo sconsolato in albergo sono scivolato, con le mie suole consunte, su un lucido marciapiede di tufo (ho fatto la foto al bastardo). La dinamica della caduta mi ha fatto sbattere il gomito sullo spigolo di un passamani. Ho sofferto talmente tanto che, per 3gg, la Signora Irene è passata nel dimenticatoio. Poi è tornata e sta sempre con me.
The story of Irene and alzheimers is sad. It is such a horrible disease.
Beh! i tappeti che si appendono alle pareti in effetti non sono tappeti. Si chiamano arazzi. Nella nostra sede a Milano, c'è un rarissimo tappeto-arazzo realizzato da Giacomo Balla. Ho letto che in tutto ne vennero realizzati solo tre da cartoni disegnati dal grande pittore.
Eh sì! L'Alzheimer è veramente una malattia devastante, sia per chi viene colpito sia per chi gli sta vicino. La sua progressione geometrica costringe ogni volta a rivedere tutta l'organizzazione quotidiana, a dover ripensare le modalità di interazione. Dei lunghi anni di malattia di papà ho tanti ricordi, alcuni molto divertenti.
Mi spiace per la frolla, oltre che per la signora Irene. La prossima volta che capiti a Napoli, a parte il noto Attanasio, ti consiglio il bar dei ferrovieri. Sta a sinistra dei binari quando arrivi, c'è un tunnel che porta verso il piazzale dove partono i bus regionali. Con 1,5 euro caffè e sfogliatella sublime.
Tra le mie preferite ci sono quelle di un posto vicino l'aeroporto, ma se non sei in auto è troppo fuori mano.